sabato 28 febbraio 2015

Fermo nel 1778. Una sua descrizione e una prima narrazione delle sue vicende storiche

«Fermo, Lat. Firmana, anticamente Firmum Picenum, città posta tre miglia lontano dal Mare Adriatico. Il suo giro all’intorno è di circa due miglia e mezzo e contiene 14.000 e più abitanti. Sisto V eresse la sua Chiesa in Arcivescovado, a cui subordinò i quattro vescovi di S. Severino, di Macerata e Tolentino, di Ripatransona [Ripatransone] e di Montalto.


Il duomo sovrastante a tutto l’abitato fu fabbricato delle [dalle] rovine di un tempio dalla cieca Gentilità [pagani] dedicato a Giunone, ed è consecrato [consacrato] a Maria Santissima Assunta al Cielo. È di maestoso aspetto, e ricoperto esternamente di marmi quadrati [in realtà pietra d'Istria]; e le porte per le quali vi si entra, tutte parimente di marmi, son lavorate a geroglifici [raffigurazioni], che danno indizio della sua antichità. L’interno di questa chiesa quantunque irregolare, è però capace di molto popolo e si concilia [si procura] da ognuno la venerazione. Ha i suoi sotteranei, sotto la tribuna [presbiterio], di marmi finissimi, e ricchi di molti corpi di S. Martiri parte fermani e parte stranieri, oltre le moltissime reliquie che vi si conservano [è la cattedrale prima della ricostruzione in forme neoclassiche fatta fare dall’arcivescovo Andrea Minucci]. È situato il duomo in un colle posto quasi nel cuore della città detto Girone, che forma un paralellogrammo [parallelogramma] di considerabil lunghezza e larghezza, dove fu anticamente una inespugnabile rocca, che venne demolita ai tempi di Eugenio IV: il che succedette nella espulsione che si fece a petizione del popolo fermano degli Sforzesi. Nel Girone non v’è altra fabbrica che la mentovata al Greco [est]; ed a Ponente [ovest] la chiesa con convento ed orto assai esteso dei PP. Cappuccini [dov’è adesso villa Vinci], i quali pur si godono all’intorno e sotto dell’orto un passeggio signorile, che sovrasta eminentemente a tutte le fabbriche che son poste da quella parte. Si sale al Girone per molte strade assai erte: una [via Mazzini] però, che si stende a mezzodì dalla piazza [a sud di piazza del Popolo], fu negli ultimi tempi [1771] renduta [resa] più agevole e così spaziosa che possono andarvi a paro [affiancate] comodamente quattro carrozze. Termina questa strada nella sua cima con una bella facciata (dove entro una nicchia sta una grande statua rappresentante in abiti pontificali S. Savino comprottetore della città [la nicchia di San Savino di Pietro Augustoni dov’è la statua del vescovo di Stefano Interlenghi], da cui ricevono grazie continuamente i Fermani e di cui tengono la testa in un busto d’argento [tuttora esposto il 16 di agosto in una nicchia posta dietro l’altare dov’è la tela raffigurante l’Immacolata Concezione e i santi Savino vescovo e Claudio martire, dipinta nel 1790 da Filippo Ricci]) ed un parterre per cui s’entra nel colle. 

Oltre la Metropolitana comprende Fermo 9 chiese parrocchiali, 10 monasteri d’uomini senza quello degli estinti Gesuiti [soppressi nel 1773], 5 di donne, 3 Conservatori, due Collegi per l’educazione della gioventù instituiti; siccome pur a questo fine lo erano gli altri due che ora più non vi sono: de’ quali uno, che chiamavasi l’Illirico fu trasportato al Propaganda in Roma; e 3 Ospedali, e molte altre chiese appartenenti a 12 Confraternite, ed altri rettori particolari. Sonovi tre Spine di N. Signore, una delle quali nella chiesa de’ PP. Agostiniani intrisa di sangue [ancora adesso in una cappella chiesa agostiniana] che posta al cimento del fuoco da un vescovo di Fermo restò sospesa in aria a pubblica vista del popolo; un’altra nella chiesa dei Canonici Lateranensi [chiesa di Santa Caterina], e la terza nella collegiata di S. Michele Arcangelo [il reliquiario è adesso nel Museo diocesano]. La Diocesi è vasta, e comprende non solo il Porto [attuale Porto San Giorgio], luogo popolato, 17 Terre, 43 Castella, e 32 Ville formanti 13.000 anime. 

La città è antichissima e si vuol fabbricata dagli antichi Sabini molto tempo prima della fondazione di Roma. Nell’anno 489 [264 a.C.] e nel principio della prima guerra cartaginese fu fatta colonia de’ Romani; anzi fu la prima colonia del Piceno non già suddita, ma confederata [era una colonia di diritto latino, legata a Roma da un patto federativo, che aveva piena autonomia amministrativa, ma i loro cittadini non avevano diritto di voto, a differenza delle colonie di diritto romano, dov’erano insediati solo romani]: e si mantenne sempre fedele sì nella seconda guerra cartaginese [218-202 a.C.], come in quella contro Antioco [Durante la battaglia combattuta contro l’esercito di Antioco III il Grande (191 a.C.), un contingente fermano forzò il passo delle Termopili], e nell’altra contra Perseo [la cosiddetta terza guerra macedonica del 171 a.C.-168 a.C.], e nella guerra sociale, per cui meritò questo celebre elogio Firmum fida fides Romanorum Colonia; e tale pur si mantenne nella guerra contro di Marcantonio nell’Egitto [I Fermani durante la guerra dichiarata da Antonio al Senato, promosse una raccolta di denaro tra i municipi d’Italia a favore di quest’ultimo]. Fu quindi devastata dai Goti nella decadenza dell’Impero, e più volte depredata dai Longobardi. Alarico [re dei Visigoti] tra questi fu il primo che depredò Fermo con tutto il Piceno l’anno 413, così fece Taulfo [Ataulfo re dei Visigoti, successore nel 410 di Alarico, ma la vicenda non è documentata], ed Attila nel 451 [vicenda non è documentata]; e così pur Teodorico [vicenda non documentata]: ma la di lui figlia Amalasunta invaghita del paese cominciò a ristorar la città [cosa non documentata], come proseguì a fare Aniceno [?] circa l’anno 560. Alboino poi re parimente dei Longobardi [dal 560 circa al 572] posto piede nel Piceno si accampò sotto Fermo che sostenne l’assedio per dodici anni continui; ma alla fine si rendette, solo per fame, ad Autero [Autari re dei Longobardi dal 584 al 590]; dal quale allora patì un saccheggio generale: di maniera che si fece un prezioso imbarco di statue, di colonne, e d’altri antichi monumenti di Fermo, trasportati poi nell’Epiro [le vicende narrate durante il regno dei Longobardi sono però tutte cose non documentate]. Terminato in Desiderio ultimo re il regno dei Longobardi l’anno 773 si diede volontaria al Sommo Pontefice Adriano I. Lottario I con un suo Capitolare vi stabilì la Sede delle Scienze per quei del Ducato di Spoleto [nell’825, ma non sappiamo se venne applicato o meno, cosa improbabile]; e Bonifacio VlII nel 1303 la dichiarò Università pontificia [L’Università venne istituita in realtà da Sisto V nel 1585]. È stata nei bassi tempi soggetta a molte vicende per le invasioni di molti imperadori, frai quali Federigo I [Federico Barbarossa] la incendiò [nel 1176]; onde perirono le sue antiche memorie, spezialmente sacre: ed altro incendio sostenne dai Gibellini [Ghibellini] nel 1326 [vicenda non documentata]. Con tutto ciò nel convento dei PP. Domenicani [attuale palazzo Fontevecchia] conservasi un antichissimo archivio di sopra 2000 carte. Dopo il 1300 ha dovuto per due secoli soggiacere a dieci e più tiranni, che l’avvolsero [coinvolsero] in mille disavventure. Aveva sopra 49 castella il mero e misto Impero [competenza di giudicare in tutte nelle cause civili e penali], ma per esimersi dalle tiranniche oppressioni nel 1550, tolti i podestà [cosa, però, avvenuta ben prima, quando al posto del podestà il papato impose a tutte le città dello Stato della Chiesa un governatore di nomina pontificia], si pose sotto il governo dei nipoti dei papi, Tolto poi da Innocenzo XI [in realtà Innocenzo XII] il nipotismo, fu stabilita dal papa una particolar Congregazione, a cui presiedeva il Segretario di Stato, detta Congregazione Fermana [nel 1692], la quale è stata da Clemente XIII abolita [nel 1761]. Contuttociò conserva ancora Fermo sopra le sue 48 Castella un dominio feudale ed una giurisdizione di baronaggio. Vi è una carta antica della città, come altresì un’altra della Marca fermana e Anconitana data in luce dall’abate Moroncelli Monaco Silvestrino in Fabriano ed anche un’altra della sua vasta diocesi. Bagnano il suo territorio due fiumi Tenna ed Ete. I suoi prodotti sono ogni genere di biade e di vini, seta, legnami ec., sebbene molto quest’ultimi per le gran fabriche diminuiti, stante che quasi tutte le comunità religiose, collegi e cavalieri privati hanno intraprese, e perfezionate grosse fabriche. La gente culta è assai pulita nel tratto [modo di comportarsi] ed è portata alle lettere. Fioriva infatti fin dal sedicesimo secolo in quella città l’Accademia dei Raffrontati, fondata da Girolamo Alberti sanese, pubblico professore di Medicina in quella Università [in realtà di Legge]; e sappiamo che tre altre Accademie essa pur ebbe, l’una degli Sciolti, l’altra de’ Ravivati, e la terza degli Erranti. Nel mese di agosto vi è la fiera abondante di merci, e la migliore nello Stato ecclesiastico, dopo quella di Sinigaglia [Senigaglia]. Si crede, che Fermo sia la patria di Lattanzio Firmiano [Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio nacque in Africa nel 250 circa]». 

A. Friedrich Büsching, Nuova geografia, tradotta in lingua toscana da Gaudioso Jagemann, Vol. 24, presso Antonio Zatta, Venezia 1778, pp.131-135. Il testo riguardante Fermo è un’aggiunta del traduttore, dato che nella Neue Erdbeschreibung sono riservate alla città solo poche righe. 

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